Ambiente

Il Lazio: un patrimonio di diversità agraria e paesaggistica

L’areale di produzione dell’Abbacchio Romano IGP comprende l’intero territorio del Lazio.

Oltre 17 mila km2 di pianure costiere, verdi colline, laghi vulcanici, grandi altopiani ed imponenti dorsali montuose , tutti modellati da millenni di storia rurale, di allevamento, di  pascolo  e di agricoltura.

Nona regione d’Italia per estensione, cuore geografico del Paese, il Lazio vanta un territorio vario, diverso e finemente articolato e beneficia dell’influsso del Mar Tirreno e della protezione della catena dell’Appennino, godendo di un clima mediterraneo-temperato assolutamente invidiabile.

E’ qui, sui grandi pascoli illuminati dal sole e percorsi dal vento, che da millenni viene allevato l’Abbacchio Romano, a diretto contatto con una natura ricca e rigogliosa, in condizioni di crescita e di vita ideali.

Uomini, greggi e paesaggio

Ancora oggi, percorrendo le strade del Lazio, osserviamo come  l'allevamento delle pecore, il pascolo, gli spostamenti di greggi e armenti, continuino a modellare e caratterizzare profondamente il paesaggio, contribuendo a preservare ampi spazi aperti e ad accrescere la complessità del ricco mosaico agro-silvo-pastorale dell’area, offrendoci di continuo immagini suggestive di un mondo rurale che resiste e continua a tramandare il suo messaggio di profondo, antico legame fra uomo, animali, natura e territorio.

La transumanza e la monticazione

Fin dall'antichità, la necessità di garantire alle pecore erba fresca da brucare, evitare loro la calura estiva e tenerle lontane dai campi coltivati in primavera ed estate, ha indotto i pastori a spostarsi con cadenza annuale per portare gli animali in zone più fresche dalle quali si tornava nei mesi autunnali ed invernali.

Il metodo di spostamento più semplice era quello "verticale" della monticazione, tuttora comunemente praticato nel Lazio, che prevedeva il trasferimento degli armenti in pascoli montani vicini, dove gli animali rimanevano dalla primavera all’autunno.

Per distanze percorse maggiori, centinaia di km e giorni di cammino, si parla di transumanza (trans- al di là, humus- terra), una vera e propria "migrazione" che nel Lazio è simile agli spostamenti stagionali orizzontali tipici dei grandi tratturi Appenninici che correvano da nord a sud, ma che da essi si differenzia per la durata più breve, 8-10 giorni di cammino, e per la direzione, est-ovest.

Immenso è stato sopratutto a partire dal XV secolo, il transito di greggi che con l'arrivo dei primi freddi settembrini e delle piogge autunnali partivano dall'Umbria, dalle Marche e dall'Abruzzo per venire a svernare  nell'Agro Romano, e da lì ripartivano in primavera, lungo tragitti che spesso  seguivano le vie consolari Salaria e Flaminia

A questo passaggio stagionale delle pecore e dei pastori sono legate tradizioni, usanze e modi di vita che hanno profondamente modellato il territorio e la società laziale e che sono spesso riconducibili all'antico complesso di usi civici correlati alla pastorizia: in primis quello di pascolo (jus pascendi) da cui discendevano quelli di attingere acqua (jus aquandi), pernottare (jus pernoctandi), farsi il ricovero (jus faciendi tugurium), e tagliare legna (jus lignandi) e di raccogliere ghiande e spighe (glandare et spicare).